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sabato 12 luglio 2014

Fagioli borlotti ed esalazioni dal fondo confinante

Ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale e frutto di immaginazione. I post non vogliono ledere la sensibilità di alcuno. Gli articoli 21 e 27 della nostra Carta Costituzionale sanciscono la libertà di pensiero e di stampa, diritti e cardini inviolabili della nostra società.

Durante lo studio del divieto di immissioni ex art. 844 c.c., secondo cui "il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le ESALAZIONI, I RUMORI, GLI SCUOTIMENTI e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità”, la mia coinquilina di una vita mette a bollire una pentola di fagioli. Che apportano molte fibre e proteine naturali,dice. Ovviamente le battute sulle esalazioni, i rumori e gli scuotimenti dovuti all’ingestione di tali legumi sarebbero veramente troppo facili. 

Proseguo pertanto nella lettura (volevo dire studio) del codice trovandomi di fronte al concetto di stillicidio art. 908 c.c. E di coincidenza in coincidenza noto che in quel preciso momento inizia a diluviare: ore 16:00 circa. In quel dannato istante mi arriva anche una notifica dall’evento a cui dovevo partecipare. Serata rinviata causa diluvio-fottuto-universale. Santo cazzo.

E’ Luglio, ci sono circa 17 gradi, diluvia, serata annullata. 

Ci rinuncio, rinuncio a tutto cazzo. Allo studio, ai miei sogni impossibili, a lei. Chiudo il libro. 

Basta vado a lavorare in un Hotel. 
Farò il portiere di notte. 
Me ne andrò in Thailandia a scommettere sui combattimenti tra Betta Splendens. 

Sono veramente stufo di tutto. 

Ma poi ripenso a quello che ho visto ieri, in Borgo. Colleghi (e non solo) che ogni giorno si mettono in gioco, che speranzosi aprono propri studi, che lavorano di notte in Aeroporto (sveglia alle 4.00 di mattina), che si sentono in colpa per aver chiesto al loro dominus il sacrosanto-diritto-di-poter-studiare per l’orale. 

E io sono qui a compatirmi inutilmente, quando fuori il mondo lotta. Sotto la pioggia.  

Chiamo Aneta la mia coinquilina di una vita, i fagioli sono quasi pronti, è ora di scolarli. E’ ora di darsi da fare. 

Li metto sul piatto, sono caldi. Mi fanno venire in mente la prima scena de "Lo chiamavano Trinità", mi succede ogni volta. Li assaggio. Sono buoni, ottima cottura. Mi sento già meglio. 


 Forse da qui, oggi, potrò ricominciare. 

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